Spesso, parlando di adozione, e delle dinamiche che si sviluppano nelle famiglie, la parola ” perdono” viene legata ad una sorta di sentimento risolutivo, il cambiamento di pensiero che serve per pacificare i propri rancori, sedare il dolore e andare avanti. Ma la parola perdono è  intrinsecamente legata all’idea di colpa, e sono certa, che il passaggio da fare sia di altro tipo, più  complesso, forse, ma che costituisce davvero, un mutamento del sentire. Si tratta di abbandonare l’ idea di colpa, non negando le responsabilità,  ma contestualizzandola,  prendendo atto che le contingenze della vita risultano forzare la volontà,  a dispetto di sentimenti ed emozioni. Certo,  saperlo è  un primo passo, ma serve sentirlo, lasciar scivolare dalla pelle la sensazione di rifiuto, quasi atavica, che ci accompagna, e da parte dei genitori, far sciogliere il senso di ingiustizia, al pensiero delle fatiche iniziali dei propri figli. Ripeto, non si tratta di negare l’ evidenza dell’ abbandono e delle motivazioni, sempre dolorose, che lo affiancano, ma di cambiare territorio. Spostare la propria lente, cambiare prospettiva, che è operazione più  complessa del perdono, che implica una certa superiorità,  e scegliere  una comprensione umana, che ci rivela realmente simili e lontani solo per luogo e condizione. Non è  necessario avere una verità  storica sulle origini,  poiché  è  nel territorio dell’ umanità  che ci troviamo e non dell’ indagine sociale, per quanto necessaria per altre considerazioni. Per me, è  stato come un regalo alla bambina, che non trovando altri colpevoli, riversava su di sé la responsabilità,  alla ragazzina che son stata,  che cercava verità  oggettive, su cui costruirsi, ed ha trovato  solo domande da cui partire per inventarsi nuova. Regalo la consapevolezza adulta, che ogni genitore da al figlio il meglio di quello che ha, fino al punto ( doloroso) da poter ritenere che la propria assenza possa farsi opportunità, liberando da una situazione ostile, sia fisica che emotiva. Il pensiero corre al piccolo meraviglio, che oggi è  andato a teatro, e ha voluto vestirsi ” un pochetto iligante mamma,ma non tioppo, noi bimbi giocare giocare”, e mi piace pensare ad un filo, che unisce chi mi ha lasciato la possibilità di vivere cose belle, e chi, queste cose le ha condivise con me. Incarto la mia serenità con colori di amore, intreccio un fiocco con nastri di libertà,  il biglietto lo scrivo con inchiostro di fiducia. Dice: ” A me, per quello che è  stato, e quello che sarà “.

2 pensieri riguardo “Non perdono.

  1. Grazie Devi. Con il tuo scrivere elegante riesci sempre a darmi punti di riflessione sul percorso adottivo che ho intrapreso. Mi capita spesso di pensare al dramma di una madre che si trova nella situazione di dover abbandonare il proprio figlio affinché possa avere opportunità migliori. Penso che il genitore adottivo debba fare i conti anche con questo aspetto oltre alla gioia di accogliere un figlio tanto desiderato. Grazie di nuovo per i profondi punti di riflessione

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