Altre ali spezzate, un dolore grande sulle spalle di chi resta, un dolore che sembra senza fuga, per chi non c’ è più. E intorno parole, doverose talvolta, ma più spesso taglienti, verso chi può solo cercare di sopravvivere, e avrà come compagno di viaggio domande cieche e angoscianti risposte. Non è questo il tempo, di puntare dita ed emettere sentenze, nascosti sotto la rassicurante coltre del ” desiderio di comprendere”. Un motivo diverso da noi ci conferma solo nel nostro ruolo di genitori bravi ed attenti, che ” io non farei mai…” e ” io direi…” , che ci assopiscono, pacificati, della nostra normalità così speciale. Sarà che in quell’abisso ci sono caduta, in un giorno d’ aprile che prometteva primavera, e ci ha gelato il cuore. E ricordo di avere detto, ma non ricordo cosa, di esser andata, e non ricordo come; per giorni, mi sono guardata vivere, come in una vecchia pellicola in bianco e nero, col suono attutito e un po’ gracchiante, e le immagini sfuocate. Ero sorella, e non ho il coraggio di pensarmi madre, ad affrontare un buio tale.E certo, è fondamentale prendere coscienza di ciò che è stato, e confrontarsi anche con lo smarrimento che provoca, senza nascondersi, ma credo che questo sia ben distante dal giudizio, inutile palliativo, per le nostre umane paure. E ancora, mi chiedo, quell’identificare con un termine una famiglia, quasi che nella diversità sia rintracciabile necessariamente la nota stonata. L’ adozione, è innegabile, porta per mano un bagaglio di dinamiche articolate, non scontate e, spesso, troppo poco conosciute; fatiche di figli e genitori, che forse rimangono chiuse in sé stesse, per pudore o timore. Ma vedo come unica via, aprire braccia e mente, per accogliere una fragilità così umana e spaventosa; così simile al riflesso che il tempo potrebbe rivelarci, nelle sue sfumature di vita.
Grazie di queste parole sensate e pensate…..oggi ne ho lette tante che mi hanno fatto stare male. Un abbraccio
"Mi piace""Mi piace"