“Mamma cos’è che si muore?”. Lo chiedi con visetto serio e curioso, e con tenerezza penso che sei proprio tu, che puoi chiederla così, come fosse un’ azione in divenire e non una rottura secca. Lo sapevo che sarebbe arrivata questa domanda, e nel cercare risposta si mescolano la tristezza per l’ assenza e il desiderio, inutile e umano, di proteggerti e preservarti da un dolore grande. Ci sono foto che non ti ho fatto ancora vedere, dovrei spiegarti perché, proprio quegli zii con la pelle “mallone” come la mia, non giocheranno con te. E scopro un sentire diverso, piango la mia mancanza, ma le lacrime sono per  un’ ipotesi fantasticata di feste tutti insieme, con il finale già  scritto: non ci sarà.  Mi pare  crudele doverti far fronteggiare un’ emozione così  violenta; e se, col tempo, posso immaginare di raccontarti che purtroppo, ci sono malattie brutte, che portano via anche i bambini,  non ho idea di come troverò  le parole, per dirti che ci sono ombre e fantasmi che i ragazzini li inghiottono. So che lo farò, e che avrò  il tuo papà  accanto, che mi aiuterà  ad intrecciare parole che ti sappiano far sapere la tristezza ma non la paura, ché  non posso mentirti e se gli accenti cercheranno dolcezza, so anche che sarai tu, a masticarne il senso. La speranza è di saper esserci, quando  non troverai un significato e quando invece ne saprai inventere uno,  che ti permetta di conoscere la malinconia, la tua e quella di altri occhi, ma che entrambe sappiano ritrovare luce, in modo tutto tuo, simile a quello di tutti ma nuovo ad ogni volta che lo si scopre. Non ho e non cerco una divinità  consolatrice, e non posso dirla a te, sapresti subito che non la sento vera, ma la potenza dei ricordi la conosco,  e te la regalerò  con tutta la dolcezza e la serenità  che mi fa compagnia, nel pensare che nei racconti ti porterò  pezzetti di chi non hai conosciuto.  Piccolo, chiedi se è  guarita la tua gatta Rosi, se andiamo a prenderla per giocare con Blu tutti insieme, e devo dirti che no, non tornerà,  ma che tu puoi pensarla ogni volta che vuoi, perché   vi siete voluti tanto bene e noi ce lo ricorderemo sempre. Stai un attimo pensoso, poi ridi, con gli occhi splendenti e le mani birichine vai a cercare la tua compagna di giochi pelosetta, e vi vedo correre per il corridoio. Lo ritrovo tutto qui il mio compito di mamma: farti andare e tenerti stretto, asciugare le lacrime e fare un passo indietro, per lasciarti libero di versarle,  e ancora  esserti accanto per consolarle in un abbraccio, già  sapendo che ne verranno altre e che non devo evitartele ma solo accoglierle. Chiederai ancora, ti risponderò  sempre, nel frattempo, cerco il modo. Il tempo, lo detti tu.

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