La fiducia, se si parla di adozione è imprescindibile, ed è richiesta in dosi massicce a genitori e figli. Fidarsi della propria scelta, del proprio cuore, dell’ ente con cui percorrere un pezzo di strada, fidarsi prima di tutto della propria capacità di amare un figlio, che avrà visto altri occhi per primo, e che un giorno, avrà domande su di essi. E per i figli, fidarsi di quei due, che non conosci e magari vivono in un mondo tanto diverso, parlano parole straniere, e tu puoi solo fidarti, e sperare che, dopo il salto nel vuoto, l’ atterraggio sia morbido. Non è semplice; spesso vi è un fortissimo senso di protezione per l’ altro, da entrambe le parti, dalle proprie paure e reazioni, e così, per evitare turbamenti, si alimentano ombre. Il tempo aiuta i figli a riappropriarsi del diritto di affidarsi, e si conquista la consapevolezza di non essere più i guardiani di se stessi, addirittura si possono fare capricci da bimbi piccoli, e pretendere attenzioni, carezze e anche sgridate, e le spalle si alleggeriscono, facendo scivolare via il peso di responsabilità adulte su corpi bambini e iniziare a credere in un “per sempre” che è famiglia. In qualche modo, è forse più complesso per i genitori, proprio perché già l’ esserlo, adottivo o non, implica il prendersi cura, il respiro sospeso nel vederli cadere, i piedi trattenuti dal correre subito in soccorso, le braccia aperte, per accoglierli sempre; gesti impastati di quotidianità, che col tempo mutano forma, ma conservano l’ intenzione: proteggere i propri cuccioli, sempre e comunque. Ed è proprio la fiducia che serve allora, ed è quella più difficile, è fiducia nei propri figli, quei tesori così preziosi e, ai nostri occhi, così fragili ancora, da temere che il mondo sia troppo crudele da affrontare. Eppure, i bimbi adottati hanno nel loro bagaglio una dose di resilienza fin da sempre, spesso hanno affrontato prove dure, sia fisiche che emotive e sono stati capaci di reinventarsi la vita, mettersi in gioco, trasformarsi ed evolvere, hanno imparato ad essere nuovamente bambini. Spesso, vedo genitori adottivi, essere accudenti e protettivi, anche un pochino oltre il limite, certo spinti dall’amore e in buona fede, ma il rischio è che questo farsi materassino per attutire i colpi, possa essere interpretato dai figli, come mancanza di fiducia nelle proprie capacità, e in fondo, dietro alla patina di rassicurante certezza, si annida un dubbio “se mamma e papà quasi prevengono le cadute, sarà perché pensano che non mi saprò rialzare?” . A noi genitori ( ché, ripeto, credo davvero valga per tutti) la sfida più ardua: imparare a vederli cadere, e incoraggiarli ad alzarsi da soli, ci metteranno forse un poco di più, all’inizio, e noi dovremo trattenere la mano, che subito, si sarebbe tesa, ma quanto orgoglio potremo leggere nei loro occhi. Prima di essere mamma, pensavo che il compito di un genitore fosse camminare affianco al proprio figlio, poi, il piccolo meraviglio, come sempre, ha sparigliato le mie certezze e mi ha insegnato che il mio posto è un passo dietro a lui, abbastanza vicino per condividerne le scoperte, lontano quanto serve per farlo cadere, sempre a portata di sguardo, per i momenti in cui, si volta a cercare sicurezza. La mia ombra dietro la sua, sempre più piccola, per poterla saltare meglio.
Sarà la stanchezza da trasloco, o il senso di inadeguatezza che striscia, sarà che proprio oggi pensavo e rimuginavo sulla resilienza incredibile dei bambini, e in particolare del mio 🙂 … sarà quel che sarà, ma sono arrivata alla fine di questo post con due lucciconi agli occhi grandi come tazzine da caffè. Grazie!
Alice lettrice
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