Quando sono arrivata in Italia, per un mese intero, non ho voluto mio padre vicino. Stavo aggrappata alla mamma, notte e giorno, tanto che lei, poveretta, si prese un’ influenza da stanchezza. Nel frattempo, babbo provava ad avvicinarsi, a prendermi in braccio, anche solo per farla riposare un po’, ma io, anche nel sonno me ne accorgevo, spalancavo gli occhi e gli dicevo “abidabidah”*, e mi giravo dalla parte opposta. Lui si struggeva ma a me, bimba cresciuta in un mondo di donne, di suore, gli uomini dovevano apparire molto estranei, e molto minacciosi. Poi, un giorno, ero con mia mamma dal parrucchiere, e più per abitudine che credendoci, lei mi porse a mio padre, già preparata a tenermi in braccio anche lì. Invece, chissà perché proprio in quel momento, mi feci prendere da lui, che per la prima volta poté stringere la sua bambina. Deve essere stato uno di quei momenti in cui si levita dalla gioia. Lo so adesso, che ho un bimbo che mi innamora, e soprattutto, lo ho imparato negli occhi di mio marito, che riserva al piccolo Meraviglio, una cura e una tenerezza giocosa, che avevo sempre intuito, e da quattro anni è un po’, è diventata certezza. Noi tre, io, il Meraviglio e il suo papà, siamo senza nonni o parentado vicino, e, pur con amiche-zie fondamentali e una babysitter che è di famiglia, accade abbastanza di frequente che, quando io sono via per lavoro, i miei due uomini, stiano da soli a casa. Nei loro racconti e nelle loro foto, sento la bellezza, unica, del loro amore, complementare al mio, diverso e, per questo, bellissimo. Qualcuno si stupisce, perché quando sono via ci sentiamo per il buongiorno e per la buonanotte, non chiamo mai per sapere come va, solo perché mi mancano. E mio marito non fa il “mammo” e tanto meno il “baby sitter” e non si lamenta perché lo “lascio solo col piccolo, e non ci sono neanche i nonni”, tutte cose che però mi hanno chiesto, più o meno in buona fede. Lui fa il papà, e lo fa benissimo, questo si, ma lo fa per scelta, con consapevolezza come tanti papà e come mio padre , che in effetti non faceva torte, (Lui grande si, un sacco e a detta di tutti, buonissime), ma ci ha sempre fatto sentire come la cosa più bella che gli fosse capitata. Il mio babbo, con la sua faccina da Pinocchio invecchiato, e gli occhi birichini, che si stupiscono e commuovono come quelli di un bimbo, con candore per ogni cosa bella, e indignazione per ogni ingiustizia; il mio Lui grande, che con Lui piccolo, è la mia famiglia, e mi ha fatto scoprire un amore allegro e senza filtri che non conoscevo. Due parole, babbo e papà, che hanno dentro lo stesso amore, il primo, per me sarà sempre il mio, ché a Firenze si dice così, ma anche il secondo, ormai, ha un suono dolce e che per me, sa di casa. Auguri a loro, e ai papà che aspettano di diventarlo, a quelli con una pancia da carezzare, e a quelli con una foto in mano, tutti con il timore di non essere all’altezza, con la speranza di sapere amare il nuovo arrivato. E, tutti, così indispensabili.
*abbiamo sempre pensato che fosse solo un vocalizzo infantile, seppur chiarissimo nel senso, invece, in Tamil Nadu, ci dissero che era proprio una parola, che significa “lasciami stare” o qualcosa di simile.
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