Qualche giorno fa, ho visto le foto di un’amica a Lampedusa. Foto di relitti, poetiche di una bellezza dolorosa, perché sapevo che erano resti di barchini su cui in tanti, troppi rischiano e perdono vite. Si intravedono oggetti, ci si leggono dentro storie che non so immaginare, non serve, perché sono vere. Le ho chiesto di poterne usare una, per scrivere un post. Poi ne sono morti ancora, e ancora succederà. E poi una guerra, ancora. E sembra non c’entri, è da un’altra parte. Ma ci vedo la stessa insensatezza umana, la medesima assenza di memoria. Come eravamo, come non dovremmo diventare. Metto a letto il mio bambino e sento il peso di un privilegio sfacciato, perché privo di merito. Essere cresciuta qui, per una giravolta di vita affatto scontata. Cerco di farne qualcosa di questo privilegio, metto insieme parole, cerco storie di cui avere cura, guardo quelle che incontro. Un piccolo modo, per trasformare il peso in qualcosa.

Grazie a Viaggiare a piedi scalzi, per la foto, e per i suoi viaggi, che io non saprei fare, ma che seguo da qui e in qualche suo racconto davanti a un succo di frutta bevuto insieme.

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