Ci sono momenti, in cui mi sento estremamente fragile, di vetro, totalmente esposta agli eventi. Questo periodo, intenso sotto molti aspetti, mi costringe a un tempo rallentato, che mi frena e mi impaurisce. Il lavoro, con le tante cose che amo fare, i progetti sempre più reali, e le mie amate passeggiate, i giochi al parco con Elia, persino lo yoga, tutto deve rallentare, perché, me ne accorgo chiaramente, non ce la faccio.
Mi arrabbio, e piango lacrime nervose. Poi ne piango altre, di inadeguatezza e sensi di colpa. Perché lo so, si sta avverando un desiderio che avevamo da tanto, e so che in realtà, adesso è davvero questo che conta. Mi sento anche un po’ stupida a saperlo esattamente solo quando ho paura che possa accadere qualcosa che spezzi il sogno.
In bilico, tra quello che sono, che vorrei essere e quello che invece sarò e devo ancora scoprire. Perché Elia mi ha rivoluzionato profondamente e sento che anche chi si sta facendo spazio dentro di me, sta già compiendo la sua rivoluzione personale.
Nove mesi all’inizio sembrano lunghissimi, e invece quanto servono, tutti, giorno per giorno, per realizzare il cambiamento, per fare spazio, fisico ma soprattutto emotivo, mentale, ad un nuovo componente della famiglia.
Spaventevole (come dice il Meraviglio) e bellissimo.
Stamattina ho comprato una piantina nuova, chissà se riuscirà a sopravvivere, povera lei. Questa volta metterò il memo sul telefono per curarla, ché a me il rito delle piantine da controllare, che sia ogni giorno a una volta a settimana, non mi viene proprio. Perciò provo a farlo come mi riesce meglio. Programmo.
Ché invece ci sono cose che non si organizzano e non si incasellano.
Come questa attesa, che attraverso con un po’ di timore e molta curiosità, sperando di ritrovare al di là qualche pezzo di me custodito nel tempo, per poi iniziare a ricostruirmi.
Nuova e diversa, ancora un volta più simile a quella che sarò divenuta.