“Oggi la maestra mi ha detto che il mio disegno è proprio bello. Ha detto che sono un’artista. Ma, diceva per scherzetto eh mamma? “.
“oh no topino, se te lo ha detto è perché lo pensava. E tu, in effetti sei molto bravo a disegnare, perché ti piace tanto e lo fai spesso, ti diverti a farlo.”
“davvero mamma? Oh che bello, che felicità!”.

Sono cresciuta con il mantra del “non montarti la testa”, ” hai fatto il tuo dovere”, condito da un pudore vecchio stampo, per cui ci si vergognava, imbarazzava per i complimenti o gli apprezzamenti fatti ai figli. Il che, su di me, bambina e poi ragazzina con l’autostima sotto le scarpe ha provocato un’ effetto a catena devastante. La modestia come modus vivendi, a non permettersi quasi di sognare più in alto, come fosse sempre segnale di poca umiltà, arroganza o prepotenza.

Con lui e con chi arriverà, decido invece di non lesinare riconoscimenti e incitazioni, entusiasmo alle conquiste e complimenti. Ché poi quando la vita picchia duro, un po’ di autostima, non risolve ma aiuta parecchio.
Tanto i bambini lo sanno, lo provano direttamente che non va sempre bene, hanno le loro piccole e grandi delusioni, le battute di arresto, le difficoltà. Sono piccoli, non immuni dalle frustrazioni.

Ed io non voglio proteggerlo da queste, non voglio impedirgli di sbagliare, cadere e riprovare. Ma voglio che sappia che se sarò accanto a lui per ogni caduta, sarò anche pronta a fare balletti e urletti di gioia per ogni successo, che desidero possa accogliere le lodi con soddisfazione. Credo che, alla lunga, la consapevolezza dei proprio pregi, possa far accettare meglio e come naturali anche quelle che sono fragilità.

Perché alla fine, sono sempre l’altra faccia della medaglia. E io amo, le facce nascoste delle medaglie. Raccontano le storie più interessanti e più vere. E promettono meraviglie.

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