Lui piccolo, che fa puzzles, disegna, e si emoziona mentre guarda i video delle sue maestre. Lui che fa progetti che iniziano tutti con “quando potremo uscire e sarà finito questo virus…”, e mi chiede dove sono i suoi compagni di scuola e i suoi amici. Lui che vorrebbe regalare loro un ovetto per pasqua ed è triste perché non si può fare. Lui che piange un pochino tutti i giorni, con un motivo qualsiasi, ed è ancora più affettuoso e coccolone del solito.

Lui che è fortunato, perché al di là della malinconia ha una casa accogliente, una cameretta colorata in cui giocare, due balconi da cui entra tanta luce e “una proprio bella arietta”, due genitori che sono a casa con lui, e pur tra lavoro e impegni possono e sanno seguirlo e stargli vicino; ha i nonni con cui fare videochiamate (e quindi una connessione e più di uno schermo su cui poter chiamare), e, non ultima una micina, che lo adora e si è fatta ancor più paziente e giocherellona, come a sapere che c’è bisogno di lei, compagna di giochi e dispensatrice di fusa.

Ma io so che ci sono bimbi, tanti, che non stanno vivendo come il Meraviglio, alcuni sono suoi compagni di scuola, altri non li conosco, ma questo pensiero non mi lascia. Ci sono bimbi che vivono in case piccole e affollate senza balcone, figuriamoci un cortile, ci sono genitori che non possono o non sanno, come star loro vicini, ci sono bimbi che non leggono i libri, disegnano, costruiscono e preparano biscotti ma che hanno la TV come unico intrattenimento (e si io sono una di quelle che la TV poca e molto scelta).

E allora io lo so che il Meraviglio è fortunato, e non è per lui che mi sembra così importante (anche se l’aria aperta, per quanto solo quella di un marciapiedi, per ogni bambino è una questione di salute) lui piccolo può anche stare ancora un po’ in casa, gli dispiacerà ma troveremo il modo di affrontare altri giorni, e in più, può ricorrere alla striscia di cortile lasciata libera dalle macchine, non l’ideale ma sempre una buona pista da skate.

Penso però ai tanti altri, e mi chiedo anche se sono io troppo ingenua a fidarmi della maggior parte delle persone e a non capire il livore che leggo spesso o se davvero questo periodo, passate le sere della musica dai balconi, non stia tirando fuori molta negatività e rabbia, dietro lo schermo della pur comprensibili paura.

Credo che alla fine di questi giorni di chiusura dovremo interrogarci molto e a fondo, su ciò che siamo o che siamo diventati, perché se il timore, la paura, la sofferenza anche, la capisco, penso però che non dovremmo permetterci di farne il baluardo di crociate censorie. Vedo poca empatia, comprensione e attenzione, mi pare che lo stare chiusi nelle case rispecchi la chiusura nel proprio piccolo mondo, sentendoci sempre un po’ più autorizzati a non pensare ad altro, a non sentire gli altri.

Spero di sbagliarmi, d’altronde anche io ho certamente i miei filtri attraverso cui interpreto quel che mi sta attorno, e voglio credere al mio Meraviglio che mi fa chiudere gli occhi, e mi fa sorprese di abbracci.

“Mamma andrà bene?” “si se saremo bravi, ora e dopo” “dopo di sicuro, saremo tutti troppo felici”. E la sua, è sempre la versione migliore.

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