Dunque domani, anzi ormai oggi, tra qualche ora, si riprende, si riparte. Qualcuno non si è mai fermato là fuori, ma per tanti sarà un vero affacciarsi di nuovo al mondo esterno.

Trovo un grande spaesamento, combattuta tra il desiderio fortissimo di uscire, fare finalmente una passeggiata senza scopo, incontrare qualche amica, e la sensazione straniante delle uscite di questo ultimi giorni. Persone nervose, mascherine (lo so, servono, e si portano ovviamente) e pochi sguardi sorridenti. Incontrare qualcuno e misto alla felicità di rivedersi, un senso di malinconia, per gli abbracci repressi.

Seppur con enorme fatica nei giorni di chiusura totale avevo trovato una certa routine, adesso la vertigine di un nuovo inizio, che non sa nascondere l’amarezza per quello che sembra non essere più uguale e senza la certezza di quando finirà. Ci si abitua a tutto, l’essere umano è animale adattabile e si adatterà, a che prezzo ancora non l’ho capito.

Qualcuno diceva ne saremmo usciti migliori, mi pare evidente che non sia così, ognuno ha solo estremizzato la propria indole. Io so che non sono migliore di prima, più impaurita, più incerta e più timorosa delle situazioni meno quotidiane.

Vedo il Meraviglio che, certo, usa risorse bambine, ma ne colgo perfettamente la fatica, nello sguardo emozionato sullo schermo del tablet, mentre ascolta la maestra; nella lunghe liste di cose che vuole fare e persone che vuole vedere “quando questa orribile influenza non ci sarà più”; nell’attaccamento totale che ha nei nostri confronti, per cui di ritorno do un paio d’ore mi stringe fortissimo “mamma, mammina, mi sei mancata cento e cento ancora, credevo che non tornassi più”.

Saprà superarlo, certamente, confido nei suoi strumenti e nella nostra volontà di stargli accanto mentre lo farà, spero non ci metterà troppo, lui e i suoi amici, coetanei o giù di lì, questi bimbi troppi grandi per poter farsi bastare i genitori (ma nutro grossi dubbi che anche per i più piccini possa davvero essere sufficiente) ma troppi piccoli per gestire da soli una socialità virtuale.

Mi fermo e aspetto, ché ora, mi pare l’unica cosa che posso fare. Combatto la smarrimento con l’idea di una bellezza da cercare di nuovo fuori, e spero di saperla vedere, anche sotto nuove forme.

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