Oggi la telefonata della mia nonna, che, in uno sprazzo di lucidità, si ricorda che manca poco al suo secondo bisnipote, e vuole sapere come sto. Mi racconta ancora di quando sono nati i suoi figli (due in casa e una in clinica) e inanella una serie di aneddoti che già conosco ma di cui, ogni volta, mi ritrovo avida ascoltatrice.

Sono sempre più rari questi momenti di memoria criatallina, li prendo come regali preziosissimi, sapendo che andranno a svanire velocemente, e preparandomi alle volte, sempre di più, in cui i ricordi le sfuggono, anche i più banali, e si può solo arginare la sua frustrazione di non essere più la nonna di un tempo, con una certezza incrollabile: è stata, ed è, una delle donne fondamentali della mia vita, e credo, non solo della mia.

Lei con il suo rossetto ogni volta che doveva uscire, il filo di perle e i vizi per noi nipoti, come tante, più morbida come nonna che come madre.
Lei, con la tappezzeria a fiori e la carta da parati in ogni stanza.

Dotata alla stesso tempo di un coraggio leonino e di una spensieratezza di bambina. Alcuni dei momenti più belli li ricordo in vacanza con lei, stupita ed entusiasta di fronte ad ogni bellezza.

Con un nome che non le piaceva, ma che invece mi sembra perfetto per lei, Iolanda, come la figlia del corsaro, indomita e cocciuta e con una vita vissuta pienamente.

Per noi, ribattezzata nonna Anda, che chiacchiera col meraviglio in una lingua tutta loro, e
che mi ha insegnato, lei per prima, come si fa la felicità.

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