Ho guardato la puntata del programma TV, ho letto ancora prima le notizie che riportavano della presenza del “figlio adottivo” al funerale del padre, ho letto della gratitudine che pare dovuta se sei statə adottatə, più tutta una serie di notizie tragiche o più o meno scandalistiche, negli intenti di chi le raccontava, relative ad adozioni di vario tipo.
Come sempre mi sono presa un po’ di tempo e già ci sono analisi lucide e puntuali, aggiungerò solo qualche riflessione, che magari potrà essere spunto.
Guardare il servizio TV è stata una forzatura, come per moltə, e ho provato un senso di profondo disagio davanti allo scorrere delle immagini. Non solo per il voyeurismo indotto dal tipo di storia, e neanche la comprensione dell’emozione trasmessa pur nella terribile modalità proposta. Piuttosto indignazione davanti all’ennesima volta in cui una storia di adozione è stata raccontata in modo così errato, fumoso e bieco, oltre al fatto che non si riconosca che tra le tante narrazioni date in pasto al pubblico nessuna sia quella dei protagonistə, ma sempre quella di cui i media di vario genere si sono accaparrati il diritto di utilizzare per portare avanti il loro racconto interessato.
Quello che mi ha colpito di come è stata raccontata ciascuna vicenda è la varietà dei modi con cui si può riuscire a proporre narrazioni falsate, polarizzate, parziali e miopi sul tema e soprattutto mi lascia interdetta, per quanto non stupita, che narrazioni deleterie vengano proposte da chi nel mondo adottivo agisce e vi ha un qualche ruolo.
Vi è una distanza che dovrebbe/potrebbe esserci e invece non c’è, tra le narrazioni esterne, quelle di chi non sa ( seppure non sia una scusante così valida) e quelle di chi dovrebbe sapere ma nonostante questo perpetua narrazioni negative, spesso non consapevoli ma altrettanto spesso granitiche e prive di dubbi.
Se infatti all’esterno si racconta di adozione spesso con ignoranza e pietismo è lo sguardo che trovo all’interno che mi lascia perplessa, per quanto non stupita.
Tempo fa un’amica mi disse che mi ostinavo a vedere attraverso occhiali a cuore con le lenti rosa, e pur rivendicando il piacere di dare una sfumatura rosata a mio piacimento so ormai per certo che le lenti si sono frantumate.
Il mondo adottivo stesso è impregnato di pregiudizi e certezze granitiche che sono preoccupanti tanto quanto, se non di più, di quelle che arrivano dal mondo esterno.
Di volta in volta, di cronaca in cronaca le persone con una storia di adozione dovrebbero farsi scivolare e non dare peso alle parole che vengono loro rivolte, non fare caso alle etichette che anzi, per primi si autoinfliggono ( e quindi è colpa loro tutto sommato) e non spaventare le famiglie, i futuri genitori che, troppo spesso in cerca di un decalogo salvifico, sono assetati di “testimonianze” e “storie vere”, sempre che possano essere tragiche, per potersi dire che a loro non accadrà o edificanti, per rassicurarsi che certo il loro caso sarà proprio quello e ə loro figlə avranno un modello da seguire.
Altrettanto importante e non in contrapposizione anche se potrebbe sembrarlo, è la necessità, l’urgenza anche, che proprio le persone che a vario titolo formano, ascoltano raccolgono richieste di aiuto e sostegno o si spendono per aumentare sempre più il livello di consapevolezza, proprio queste persone, rimangano sempre in ascolto di cosa viene da fuori senza a loro volta il pregiudizio di ascoltare necessariamente una voce avversa.
Credo fortemente che siamo tutti altrə rispetto ad alcuni argomenti, solitamente quelli che non ci toccano personalmente, e dunque siamo tutti fallibili, ipoteticə portatorə di domande sciocche, ingenue o banali.
D’altronde, di solito, chiunque le abbia subite sa che si distinguono perfettamente le domande ingenue da quelle cattive ,le provocazioni dalla curiosità e lungi dal voler giustificare o minimizzare la sofferenza che comunque, anche al di là delle intenzioni, tutte possano portare, credo che questa diversità serva tenerla presente.
Certo c’è una differenza, nettissima, dettata dal desiderio e dalla capacità di addentrarsi nelle proprie certezze, dalla disponibilità a saperle sgretolate, coltivando invece le domande, il dubbio, e potendo pensare che le risposte più che trovarle vadano cercate.
Stiamo tuttə allo stesso dentro e sulla soglia di mondi diversi facciamolo con gentilezza che alla fine non è altro che riconoscere le proprie fragilità in chi abbiamo di fronte e accoglierle.
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