Ogni volta che accade, resto interdetta, quasi a non credere che sia proprio successo.
Oggi, in treno, mattina presto.
La signora che avrebbe il posto accanto al mio, si avvicina e, dopo avermi fissata, dice al suo compagno di viaggio “Non mi piace mica tanto questo posto, sai? Meglio se ti siedi tu.”. Lui obbedisce e, dopo poco, sguaiato, parla ad alta voce al telefono “ahaha sai, è proprio il posto dei poveri, non farmi parlare.”
Ammetto, inizialmente non ho subito colto l’ignoranza totale. Ma, lo sguardo imbarazzato, dei ragazzi seduti vicino, mi hanno fatto suonare il campanellino in testa.
Accade, è già accaduto e accadrà ancora.
Tutte le volte, resto basita e nonostante la sicurezza acquisita col tempo, è sempre come uno schiaffo in faccia.
Perché io, io non ci penso mai, che per qualcuno, il solo fatto di avere un elemento di diversità, possa rappresentare un problema. Non qualche mia azione, ma qualcosa che non dipende da me. Quella diversità scritta addosso che ho imparato ad amare, e in cui, mi riconosco, con una buona dose di onestà verso me stessa.
Mi fa riflettere il fatto che, ogni volta, per qualche frazione di secondo, mi viene il dubbio di aver interpretato male, di avere una lente distorta che mi riconduce sempre lì. Poi, di solito, gli sguardi di chi è presente mi riportano alla, amara, realtà.
Nonostante tutto, fa male e fa tristezza, anche se ora lo so, dopo anni.
Non sono io. Sono loro.