In giornate come quella di oggi, in cui ho fatto coi bimbi anche cose piacevoli ma ho sentito molta fatica nel gestire i loro ( normalissimi) conflitti, i giochi, le urla, il caos, il bisogno fisico e mentale di entrambi di essere visti, accolti e ascoltati, arrivo a sera e so che quando sono a scuola io sono una madre migliore.
Amo essere anche la loro mamma, ma quando “anche” sembra svanire e l’essere madre pare mangiarsi tutto mi rendo conto che mi è necessario essere anche tutte le altre me, con il lavoro che amo, le passioni che coltivo, le relazioni che cerco di alimentare con le persone a cui tengo.
Quando non posso, per contingenza, essere anche le altre me, la me madre è peggiore, molto peggiore. E non so neanche se vorrei fosse diverso, se vorrei davvero che il tempo con loro mi appagasse totalmente, perché saprei di essermi snaturata, di star tralasciando qualcosa di prezioso che mi è caro: una parte di me.
Ognunə vive l’essere genitore come sente e come può, io sono sempre più consapevole che al netto dell’ amore ( immenso) e della gratitudine ( tanta e profonda) per averli nella mia vita, l’essere madre è una parte di me ma non tutto e quando l’equilibrio salta, accuso il colpo.
Che poi questi giorni ce li stiamo anche godendo tanto, e questi non sono pensieri di recriminazioni o rimpianti, ma solo il tentativo di dipanare e mettere in fila il groviglio che a volte sembra avvolgermi ( solo a me? Non so, non credo…) e che pur sciogliendosi nei loro respiri addormentati, sento il bisogno di mettere in parole, che poi è il mio modo migliore di spiegarmi a me stessa.