Risvegli.

“Mamma, mammina, tu sei super! Perché sei sempre gentile e carina con noi, mi racconti le storie belle, ci prepari delle cose buonissime e non sgridi fortissimo mai (anzi a me qualche volta, ma non fortissimo), e poi mi fai le coccole e mi leggi i libri, fai le videochiamate per le cose del lavoro tuo, e guardi i cartoni con me. E anche facciamo i biscotti insieme. E poi, poi tu mi hai fatto. E adesso, adesso mi stai facendo Federico mio. Ecco perché sei super”.

Io non lo so, se sono davvero così, ma mi commuove pensare che il suo sguardo su di me, si posi con così tanta gentilezza. Non so se lo merito, provo ogni giorno ad esserne all’altezza.

Cose di bimbi.

Ieri mattina col Meraviglio siamo andati al mercato vicino a casa. Abbiamo preso le nostre mascherine e siamo usciti. Era tutto felice, saltellante.
Ad un tratto, si è fermato, mi ha guardato serio. “Non siamo carini con queste mascherine. Non si vedono neanche i sorrisi.”
“Hai ragione topetto, ma lo facciamo per la sicurezza di tutti…”
“Si, va bene, ma non vedere le facce è bruttissimo. Io voglio vedere se incontro qualcuno che sorride come me”

Ho pensato che avesse, sfacciatamente, ragione. Certo lo facciamo per la sicurezza e civiltà. Tolto questo, è davvero brutto. Che poi lui, con il suo candore ottimista che pensa di trovare altri sorrisi da incontrare, mi ha fatto una tenerezza disarmante, sapendo bene che invece si incontrano più labbra piegate all’ in giù.

Ed è bravo, come sono bravi in tanti, bimbi e ragazzi, non si lamenta di star chiuso in casa e anzi ci ripete quanto è fortunato ad averci come mamma e papà, e micia. Fa molti puzzles e costruisce lego, colora, disegna e inventa percorsi con sedie e cuscini.
Guarda le sue maestre in video e mi racconta aneddoti di scuola, dei capelli “tutti arruffolati” di una maestra, e del modo affettuoso in cui li chiama un’altra. Scrive bigliettini in cui i pensieri articolatI inciampano un po’ nelle parole che ancora deve imparare, con un’urgenza grafomane che mi strugge.

” Non preoccuparti topetto, voi bimbi siete sempre i più belli, anche con le mascherine”
“Mamma, ho un’idea, possiamo disegnarci un sorriso?”.
Su queste no, ma magari troveremo il modo per fargli una mascherina sorridente. Mi sembra una richiesta molto sensata.
Bimbi meravigli, e mamme intenerite.

Postilla.

Il Meraviglio, come tutti i bimbi, è bravissimo a sorridere con gli occhi, ma sostiene fermamente che il sorriso della bocca non sia sostituibile. Un pochino ha ragione. Più che altro, credo gli faccia molto effetto vedere tutte le facce coperte. “sembrano tutti ninja, ma brutti. Per niente avventurosi”.

Lettera a un piccolissimo.

Tu, piccolissimo, che te ne stai lì dentro e ti fai sentire, detti i miei ritmi rallentati e mi tieni sveglia di notte.

Tu, che ti muovi come un pesciolino e tuo fratello si emoziona a sentirti e mi dice “mamma, secondo me non è un calcetto, è un battipugnetto con me” e sorride forte a pensarti.

Tu che, quando senti la mano del papà, ti muovi veloce e ti fermi lì sotto, come se già capissi che sei al sicuro. Che fai capriole se mangio le fragole col limone ( piacciono tanto anche a me, e il Meraviglio ne è golosissimo), e poi ti quieti, quando leggo la storia della buonanotte, e siamo in cameretta, con la micia vicino.

Tu, che ti ritrovi con una mamma un po’ scalpitante e poco new age, che ti fa ascoltare rock e cantautori, ma ti assicuro, ama anche la musica classica e l’opera e il jazz ma in questo momento ha bisogno di pensare e da sempre lo sa fare meglio con la musica che le parla di più.

Chissà se ti piacerà, questa mamma qui, che forse ti darà meno attenzioni esclusive ma racconta storie inventate e ce ne saranno di belle, tutte per te, e si divertirà a preparare biscotti (che lei mangia poco!) con te e tuo fratello, perché i bimbi con la farina addosso le sembrano, da sempre, bellissimi. Una mamma che non ama i lavoretti ma applaudirà ogni tuo disegno e ti fornirà colori, fogli e tempo libero per colorarli a modo tuo.

Chissà se capirai il suo bisogno di andare, che le è fondamentale solo perché adesso sa dove è casa, e se partire è indispensabile, lo è perché sa dove vuole tornare.

Questa mamma che ha un papà accanto che è il migliore che potesse pensare, e un fratello grande per te, che la commuove a vedere come e quanto ti aspetta. Saranno le persone più importanti della tua vita, come lo sono della sua.

Tu, piccolissimo, che già ti amo pazzamente e sono così curiosa di conoscerti, di impararci fuori da me, e di scoprire con che ritmo camminerai tu, sul mondo.
Tu, che mi hai fermata, un po’ prima che ci fermassimo tutti, e che a volte mi sentirai triste o insofferente, perché ho i pensieri che vanno insieme ai passi, e non poterli fare mi pesa, e non so negarlo.

Ma, allo stesso tempo, tu che sei arrivato quando non pensavo, e mi hai riportato quel senso di privilegio enorme nel poterti sentire, sapendo che ti crescerò anche; per qualcuno è scontato, per me è un pensiero vivido come non mai, questo regalo che, ancora una volta, mi ha fatto la vita in una delle sue giravolte.

Perché una cosa tua fratello me l’ha resa chiarissima. Voi siete fatti per andare e io per sospingervi, voi non siete miei, io sono perdutamente vostra.

Perché tu sei figlio e io sono madre ma tu sei e sarai, sempre e soprattutto te stesso.

Non vedo l’ora di scoprire come sei, mio caro piccolissimo.

Con amore,

Mamma.

Pensieri bloccati.

In questi giorni sento i pensieri bloccati, mi rimbalzano in testa le idee, in una partita a ping pong senza vincitore. Non riesco a metterli in fila, inizio liste ordinate che finiscono in parole caotiche. Replico l’immobilità che da piccola in india fece pensare ad un ritardo cognitivo, perché si, di fronte alla paura, al dolore, il mio primo istinto è di bloccarmi. Fermare tutto per non rischiare di più. Col tempo ho imparato a riconoscere la vocina dell’ “alto là”, a disinnescarla e non crederle, ma l’istinto rimane fortissimo, e anche se ora non è ripetuto, grazie agli anni passati, a Lui grande che mi riporta ad un presente di qui e ora (in questo è davvero molto più bravo di me) e un Lui piccolo che nonostante tutto corre avanti, io lo sento.
Non ci cado ma so che che è lì, dietro l’angolo dei rimbalzi del pensiero, dietro i progetti che cerco di tenere in piedi, alle chiamate con le amiche, e i calcetti che sento dentro.

Ho più che mai bisogno di bellezza, la cerco in ogni angolo e provo a catturarla con occhi pronti allo stupore, compro fiori se ne trovo al supermercato, mi mancano in casa e spero in un compleanno in cui poterli avere, c’è ancora un po’ di tempo, incrocio le dita.
Allineo oggetti, pratico yoga, preparo biscotti, bevo tisane e leggo libri già letti, l’ignoto non lo sopporto neppure in finzione, adesso.
Gioco con il Meraviglio a “cosa farà F. qua dentro” e le sue idee sono sempre buffe e tenerissime.
Cerco di dedicare a questo piccolino almeno un po’ di pensieri, e provo a raccontargli questa mamma, che chiusa in casa fa tanta fatica, e lo aspetta sognando passeggiate e sole sul viso.
Guardo la luna dal letto, stasera è perfetta, e il sole all’alba, che colora la stanza e mi apre le ciglia prima della sveglia; che bello avere voluto mettere il lettone a portata di finestra.
Mi fermo, cercando di non fare di questa attesa un blocco; non sempre ci riesco, continuo a provarci.

Le cose piccole.

Il Meraviglio, che stamattina mi ascoltava in (quasi) silenzio mentre facevo un video, e alla fine lo ha voluto riguardare tutto, mi ha stretta fortissimo e mi ha detto “mamma, che beeeellaaaaa! E hai detto tante cose bellissime”.
Tre sportine piene di frutta e verdura arrivate dal nostro ortofrutta di fiducia, e da ieri che abbiamo finito le ultime scorte, non vedevamo l’ora.
Il sole, che la sera tramonta dentro la cucina, ed ha una luce che vale tutti i quattro piani a piedi che facciamo.
Preparare già i vestiti per domani mattina, che devo fare gli esami del sangue, e, sarà puerile e futile, ma mi ha fatto star bene, aprire l’armadio e scegliere.
Lui grande che nelle pause da smart working, scende giù a salutarci e darci un bacetto
Riporre le, ancora poche, cosine per il piccolo Federico, e insieme al Meraviglio, mettere i suoi giochi da bimbetto in una scatola da portare su, pronti per un giro di lavatrice.
Sempre lui piccolo che mi dice con gli occhi innamorati “però, un nuovo peluche glielo regaliamo a Federico mio? Voglio sceglierlo io per lui!” e mi stende.
Forse piccole, ma in questi giorni, in cui l’unico modo mi pare pensare a piccoli passi, sono quelle che mi illuminano le ore.

18 anni di assenza.

Oggi l’assenza diventa maggiorenne.
Diciotto anni sono passati, e, di nuovo, mi trovo a pensarti con una promessa bellissima nella pancia.

Sembra fare ancora più male, sapendo il bello che verrà, pensarti troppo addolorato e spaventato, per provare a viverlo. Mi manca essere grandi insieme, ed è strano, una nostalgia feroce di qualcosa che non abbiamo sperimentato: ragazzino tu quando te ne sei andato, appena maggiorenne io, che ti salutavo.

Anche oggi, come quel giorno, c’è un sole luminoso, il cielo terso e l’aria fresca di una primavera con qualche strascico invernale.
Quel pomeriggio ho perso la leggerezza, che chissà, forse non l’ho avuta mai, neanche prima, certo da quel momento, e per tanto, non l’ho più sperimentata.

Ci voleva lui a trovarla, nuova, per me, due occhi enormi in cui rivedermi e piedini svelti che ballano sul mondo. Adesso è in attesa e si emoziona, quando parla del fratellino in arrivo. Ed io spero per loro quel che noi non abbiamo avuto. Se lo inventeranno per come sono, e io credo, sarà bellissimo vederlo.

2 aprile. Non sarà mai un giorno come un altro. E non potendo comprare fiori da regalarmi, li disegno con le dita. Accanto alle mie, ci sono le sue. Piccole e meraviglie.

Lui piccolo che è fortunato. Altri, piccoli, che non lo sono.

Lui piccolo, che fa puzzles, disegna, e si emoziona mentre guarda i video delle sue maestre. Lui che fa progetti che iniziano tutti con “quando potremo uscire e sarà finito questo virus…”, e mi chiede dove sono i suoi compagni di scuola e i suoi amici. Lui che vorrebbe regalare loro un ovetto per pasqua ed è triste perché non si può fare. Lui che piange un pochino tutti i giorni, con un motivo qualsiasi, ed è ancora più affettuoso e coccolone del solito.

Lui che è fortunato, perché al di là della malinconia ha una casa accogliente, una cameretta colorata in cui giocare, due balconi da cui entra tanta luce e “una proprio bella arietta”, due genitori che sono a casa con lui, e pur tra lavoro e impegni possono e sanno seguirlo e stargli vicino; ha i nonni con cui fare videochiamate (e quindi una connessione e più di uno schermo su cui poter chiamare), e, non ultima una micina, che lo adora e si è fatta ancor più paziente e giocherellona, come a sapere che c’è bisogno di lei, compagna di giochi e dispensatrice di fusa.

Ma io so che ci sono bimbi, tanti, che non stanno vivendo come il Meraviglio, alcuni sono suoi compagni di scuola, altri non li conosco, ma questo pensiero non mi lascia. Ci sono bimbi che vivono in case piccole e affollate senza balcone, figuriamoci un cortile, ci sono genitori che non possono o non sanno, come star loro vicini, ci sono bimbi che non leggono i libri, disegnano, costruiscono e preparano biscotti ma che hanno la TV come unico intrattenimento (e si io sono una di quelle che la TV poca e molto scelta).

E allora io lo so che il Meraviglio è fortunato, e non è per lui che mi sembra così importante (anche se l’aria aperta, per quanto solo quella di un marciapiedi, per ogni bambino è una questione di salute) lui piccolo può anche stare ancora un po’ in casa, gli dispiacerà ma troveremo il modo di affrontare altri giorni, e in più, può ricorrere alla striscia di cortile lasciata libera dalle macchine, non l’ideale ma sempre una buona pista da skate.

Penso però ai tanti altri, e mi chiedo anche se sono io troppo ingenua a fidarmi della maggior parte delle persone e a non capire il livore che leggo spesso o se davvero questo periodo, passate le sere della musica dai balconi, non stia tirando fuori molta negatività e rabbia, dietro lo schermo della pur comprensibili paura.

Credo che alla fine di questi giorni di chiusura dovremo interrogarci molto e a fondo, su ciò che siamo o che siamo diventati, perché se il timore, la paura, la sofferenza anche, la capisco, penso però che non dovremmo permetterci di farne il baluardo di crociate censorie. Vedo poca empatia, comprensione e attenzione, mi pare che lo stare chiusi nelle case rispecchi la chiusura nel proprio piccolo mondo, sentendoci sempre un po’ più autorizzati a non pensare ad altro, a non sentire gli altri.

Spero di sbagliarmi, d’altronde anche io ho certamente i miei filtri attraverso cui interpreto quel che mi sta attorno, e voglio credere al mio Meraviglio che mi fa chiudere gli occhi, e mi fa sorprese di abbracci.

“Mamma andrà bene?” “si se saremo bravi, ora e dopo” “dopo di sicuro, saremo tutti troppo felici”. E la sua, è sempre la versione migliore.

Non riconoscermi.

Mi guardo e non mi riconosco. Sono cupa, triste e frustrata. Non trovo alcun motivo per cui questa situazione mi stia insegnando qualcosa.

Non avevo bisogno di questo per ricordarmi che l’essere umano è sempre la priorità. Non avevo bisogno che il mio bimbo non andasse a scuola per sapere che il tempo con lui è un regalo prezioso, né che ho un marito che è un compagno di strada e di vita oltre che un papà splendido. Lo sapevo già. Non avevo bisogno di questo per riscoprire che si può godere una serata a casa, anche più di una, e sentirsi nel posto giusto, con le persone che amo. Non avevo bisogno di questo per sapere che amo il mio lavoro, che mi sono inventata, creata con anni di studio, esperienza e molta passione. Non mi serviva essere chiusa in casa per sapere quanto amo camminare, godermi una mostra o un cinema, andare al mercato e incontrare le amiche. Non avevo bisogno di questo per fare una telefonata in più. E non mi serviva neanche per sapere quanto sono fortunata (perché ho la assoluta consapevolezza di esserlo) e quanto questo non sia affatto scontato. Non avevo bisogno di questo per sapere che la vita non è sempre ai nostri ordini e si rivela imprevedibile, beffarda o meravigliosa, a dispetto di noi.

No, non trovo motivi per cui questa esperienza dovrebbe avere un risvolto di illuminazione o rivelazione di qualche verità. Sapevo anche che noi uomini stiamo distruggendo, neanche troppo piano, il nostro pianeta.

E sono una persona peggiore invece, perché sono triste, perché ho paura e mi sforzo, cerco di essere positiva e attiva, a volte ci riesco, a volte no, ma faccio incubi e sogni disorientanti. E mi sento in colpa, perché i miei bimbi non lo meritano, e se con il Meraviglio, riesco a trovare equilibrio, perché ci conosciamo e ci capiamo e se lui prima di dormire mi dice sempre un “sono triste…” per qualche motivo, io lo abbraccio e posso dirgli “lo capisco pulcino” e so di dirgli la verità. Ma poi mi si chiude il respiro e mi dispiace per questo piccolino che mi cresce dentro e vorrei per lui più serenità, più leggerezza e allegria.

Ecco, forse dovevo solo trovare parole, e altre ne serviranno. Questo senso di instabilità continua, certo non è aiutata da ormoni e mutamenti vari, ma ora, non so che essere questo. Speriamo che, per un po’, sia sufficiente. Dopo vedremo. Ci sarà tempo per sapersi guardare allo specchio e cercare di somigliarmi di nuovo.

Sei proprio tu.

E così, stamattina mi sono preparata, col mio cappottino rosa e molta emozione, sono uscita con un abbraccio e un bacio ai miei ometti, e ho preso un bus mezzo deserto.

Ti ho sentito e ti ho visto, e ho saputo che si, sei proprio tu, e ti stiamo aspettando.
Il nome, anche questa volta, lo ha trovato il papà, e, anche questa volta mi è piaciuto tanto, subito.

Allora stai ancora un po’ al calduccio, che qua fuori è un gran caos, e la tua mamma si è messa i guantini di lattice per proteggerti in autobus, e una signora, con una vita parecchio triste, le ha anche gridato ” stai a casa, disgraziata” .

Ma la tua mamma, quasi non l’ha sentita, era troppo impegnata ad ascoltare te, e poi a telefonare alla sua nonna, per mantenere la promessa che sarebbe stata la prima (dopo Lui grande e Meraviglio) a sapere chi è in viaggio per noi.
Tuo fratello, appena rientrata a casa, mi ha dato un abbraccio e ti ha parlato “evviva! Finalmente so chi sei!” ha detto, sicuro e diretto, perché sostiene che voi bambini vi capite subito.
Il tuo papà, mi ha sorriso, mi ha dato un bacio e ha preparato il pranzo.

Io farò la mia parte, niente sforzi, anche niente passeggiate (ma tanto, te lo racconteremo, in questo tempo, nessuno può passeggiare)e molte coccole e paroline dolci per te; tu fai la tua parte, cresci bene e non fare scherzi.

Hai un papà splendido e un fratellino grande che è il più Meraviglio che potessi desiderare per te, e la mamma, lei ti ama già infinitamente, dalla prima volta che ha saputo che c’eri. Ti aspettiamo, mio piccolo Federico.

Cose da ricordare.

Lui piccolo, che una mattina, aspettando per fare i compiti esclama “Ah, sono triste, la mia fantasia mi ha abbandonato”. “topolino, posso fare qualcosa per te?” “non lo so. Ho come, come un nodo stretto, qui nella gola, che non se ne va. Vorrei tanto piangere e non ci riesco.” e il nodo alla gola è venuto anche a me. Per fortuna, un pochino lo abbiamo sciolto, in un pianto liberatorio, mentre stava facendo un disegno.” mi mancano le maestre, mi mancano i miei amici, mi manca anche la mensa “.

Lui piccolo, che si stringe a me ancora più forte, ride per la pancia che cresce e si mette in mezzo, poi le fa una carezza, e dice “ehi tu, non combinare belle e buone alla mamma!”.

Lui piccolo, che copre la micia con il suo plaid e le accomoda il cuscino, poi sgrida il papà che non ha messo il cerotto su un taglietto e, prontamente rimedia, aggiungendo qualche cerottino su ferite piccole e sparse. Poi, soddisfatto, butta le numerose cartine di scarto.

Lui che, con premura e solerzia, si accerta che tutti e tre, abbiamo la nostra colazione preferita, e se rimane un ultimo spicchio di frutta, la regala con gli occhi brillanti.

Lui che soffre moltissimo non poter correre e saltare, se non nella striscia di cemento prima del cancelletto, unico sfogo possibile.

Lui che però, dice “mi manca la scuola, ma che fortunato che sono, ho voi!”

Lui che fa elenchi lunghi e dettagliati di cose da vedere e fare insieme quando “sarà finita questa influenza molto fortissima”.

Lui che quando vede i video delle maestre, tiene il telefono nelle manine, e fa quel sorriso emozionato, a labbra strette e sguardo furbetto, che gli spunta sul viso quando si commuove un po’.

Lui che è, come tanti altri, un bimbo che si fa coraggio, vive una realtà falsata, di relazioni solo familiari, e di nessuna esperienza nel mondo là fuori.

Lui che chiede il batti-pugnetto durante i compiti o qualche altra impresa, e poi la sera, tra le lenzuola di sonno, deve darmi bacetti sugli occhi e sul nasino “per tenerti sempre con me, anche quando dormo”.

Piccolo mio, spero che finisca il prima possibile, che tu possa crescere anche nella tua vita lontano da me, per poi raccontarmene i pezzi che vuoi. Perché lo so, che tu cresci lo stesso, ma si diventa grandi potendo allontanarsi un po’.